
Fake

Dansa del Fogo
Art direction Gloria Sgombra
Styling Camilla Bracco
Photography Francesca Emilia Minà
Production Carlotta Beltrami
Model Giorgio Maria Cornelio
Text Chiara Cuoghi Costantini
Nel cuore di un'enigmatica Venezia, si nascondono antichi e oscuri misteri che con il tempo sono entrati a far parte della storia della città stessa. Storie d’amore, racconti terrificanti, insolite apparizioni, ma anche improvvise sparizioni. Una di queste leggende prende vita nel Sestiere Castello, Sotoportego della Corte Nova, tra la stessa Corte Nova e Calle Zorzi, sotto al quale si trova un’insolita pietra rossa.




Giorno 1
Ricapitolando, Arturo Girolamo Celin è il protagonista di questa leggenda, era/è (?) un illusionista, le sue performance erano un momento atteso per i cittadini veneziani nella prima metà del Novecento (quindi era amato o temuto? Da capire), c’è questa pietra rossa nella calle sotto al Sotoporte- go della Corte Nova che raccoglie tutte le emozioni dei suoi spettatori. Da quel che ho capito fino a ora, documentandomi prima di partire per questa ricerca per l’Istituto Universitario Veneziano, le sue esibizioni permettevano agli spettatori di liberarsi da tutte le energie negative, che finivano poi in que- sta pietra che fa parte della pavimentazione (soffermarsi su questo punto con gli intervistati). Facciamo una piccola lista dei luoghi fondamentali: - San Giovanni Evangelista - Piazza San Marco - Sotoportego della Corte Nova (pietra rossa). E anche alcune persone da intervistare: Giorgio Furlan (gondoliere rio S. Antonin) (chiamare per conferma), Sig.ra Padovan (proprietaria casa Arturo), 6 apri- le ore 10.00, casa sua (palazzo affianco al mio) (chiedere quando posso andare nella casa di Arturo, a Castello), Giovanni Pelizzato (titolare libreria Toletta), Mario, Luana (dicia- mo che sono “spettatori di fiducia”).
Giorno 2
La signora Padovan abita all’ultimo piano di un palazzo che si affaccia su piazza Sant'Aponal, zona San Polo, a pochi passi dal campo principale. Parliamo per due ore, chiedo di Arturo e lei mi sembra per tutto il tempo restia a darmi informazioni, non mi dà una data, nemmeno una decade per collocare questa fotografie nel tempo. Parla, parla, ma non dice nulla di rilevante, solo che “un giorno” le si presenta questo ragazzo che voleva affittare l’appartamento; lei rimane talmente abbagliata dai suoi occhi e dal sacco pieno di oggetti bizzarri che si portava dietro da disdire tutte le visite del giorno e scegliere lui come inquilino per l’appartamento a Castello; alla domanda “perché?” dice che non sa rispondere. La gente è seriamente terrorizzata da quella pietra rossa sotto al sotoportego, non pensavo. Sì ok, sapevo che il libro di Toso Fei sulle leggende veneziane si basasse molto spesso su storie vere, però sono quelle cose che finché qualcuno di vero, qualcuno con cui parli dal vivo intendo, non te le dice a voce, forse fai fatica a crederci. Comunque, una signora è passata con il suo cane mentre ero lì, e il cucciolo con le zampe ha calpestato la pietra, ho sussultato, lei si è girata, “tranquilla, lui è immune”, e se ne va.
Giorno 3
Oggi casa di Arturo. Si trova nel sestiere Castello, a due passi dal Sotoportego della Corte Nova, precisamente in Salizada Santa Giustina 2859. L’appartamento non è come me l’aspettavo , banalmente immaginavo una roba eccentrica, colorata, macabra. Invece no. Entro ed è tutto pieno di scatoloni, scatoloni pieni delle sue cose, evidentemente. Sembra quasi che prima di sparire si fosse preparato a un trasloco. Inizio a cercare. Gli scatoloni non sono assolutamente divisi per categoria, o almeno non hanno un ordine che possa semplificarmi la ricerca. Sta di fatto che ho raccolto un po’ di cose che mi sembrano interessanti: - Un diario (a una prima occhiata mi sembra proprio il suo); - Abiti peculiari; - Alcuni oggetti come fiammiferi, candele; - Vari ritagli di giornale. Tornata a casa prendo in mano i ritagli di giornale trovati. Per la maggior parte necrologi, annunci di oggetti in vendita, storie di cronaca nera. Però ce n’è uno che reputo necessario ricordare: un piccolo ritaglio, purtroppo, che sembra appartenere a un quotidiano dove si parla di lui (e dico purtroppo perché sarebbe stato pazzesco capire almeno il nome del quotidiano per provare a dare una data più precisa a tutto ciò). Il giornale racconta di questo illusionista a cui tutti accorrono; è come se a un certo punto una delle sue performance avesse fatto talmente tanto scalpore da far sì che la sua esistenza raggiungesse anche la stampa. Sono stata fortunatissima, dal ritaglio di articolo si evince che questa performance era nota ai più come “Danza del fuoco”. Cito: “l’illusionista attraverso il fuoco, il più tangibile di tutti i misteri visibili all’uomo, taglia lo spazio su ali infuocate, creando suggestive performance sotto ai portici di una notturna Venezia”. Forse è da qui che si diffuse la voce e che Arturo divenne un personaggio noto nella città.
Giorno 4
Mario, che si è definito “spettatore di fiducia”, mi dice che il suo ricordo più nitido di Arturo risale alla sua gioventù, camminava una sera per piazza San Marco, di ritorno da una serata decisamente poco sobria, e vede lui, chinato davanti a uno specchio, indossare i suoi anelli e truccarsi gli occhi e le dita con dell’inchiostro nero. Mi interessano gli anelli, e infatti nel suo diario (menomale che l’ho trovato, sul comodino del suo appartamento) racconta del giorno in cui ha comprato uno dei due che tiene al mignolo della mano sinistra). Che poi “comprato” è il termine sbagliato, sembrerebbe più un dono, siccome dice di aver incontrato una bambina sotto al sotoportego, un incrocio di sguardi, lei gli porge l’anello, lui lo accoglie nelle sue mani e lo osserva, volge nuovamente gli occhi verso la bambina, e la bambina non c’è.
Giorno 5
Quando ho letto per la prima volta la leggenda, sempre in quel libro di Toso Fei sulle leggende veneziane, mai avrei pensato a un personaggio così... così sfaccettato. Una figura del genere non può rimanere solo un mito, sento l’urgenza di documentare la sua esistenza... però ho come paura di oltrepassare un velo misterioso... Ho trovato un libro su Sant’Apollonia. Era appoggiato sul pavimento a fianco alla porta d’ingresso, all’interno trovo un bigliettino da visita. Libreria Toletta di Giovanni Pelizzato. La conosco, una libreria storica a Venezia. Oggi sono andata alla libreria Toletta e per mia fortuna c’era il Sig. Pelizzato. Ho portato con me il libro e subito ha esclamato “ARTURO!” Mi racconta che un giorno Arturo arrivò con mille domande su questa santa, anche conosciuta come la Fatina dei Denti. Cercava tutto ciò che parlasse di lei e di questa storia, di questo mito. Dalle mie ricerche questa santa, pur di non rinnegare la sua fede, si gettò nelle fiamme, dopo che le erano stati strappati via i denti con delle tenaglie. Arturo deve aver preso a cuore questa leggenda, forse perché pur di rimanere legato alla sua arte di purificazione avrebbe anche lui sacrificato la sua vita. In ogni caso, Pelizzato mi porge un disegno, dicendomi che Arturo passava ore con lui a discutere di questa storia, voleva dedicarle una performance. In questo disegno si vede una colonna alla quale è legata l'estremità di un filo, l’altra è legata a un dente, forse il suo? La mano sembra proprio quella di Arturo, che ho imparato a conoscere grazie agli schizzi sul suo diario, ma per sicurezza chiedo conferma. Sì, dice Giovanni, è un disegno di Arturo.
Giorno 6
(+39) 392 76 58 433 Gregorio Battistin, dopo alcune ricerche questo numero sembra risalire all’ex proprietario della storica Ferramenta Battistin, Strada Nova 4545, Sestiere Cannaregio. Chiamo. Numero non esistente. Domani vado in ferramenta.
Giorno 7
Arrivo ed è chiusa, “TORNO SUBITO”. Dopo un’ora arriva un ragazzo molto giovane, non parla bene italiano, ma mi spiega che ha comprato quesa ferramenta dal Sig. Battistin l’anno scorso, mi dà il suo indirizzo. Campo S.S. Apostoli, 4587. Corro letteralmente a casa sua, oggi sono particolarmente impaziente. Ho fatto male a essere impaziente, penso che sia stato l’incontro più spiacevole fatto dall’inizio delle ricerche. Almeno tra un insulto e l’altro del cordialissimo signor Gregorio ho potuto capire che Arturo comprava da lui chiodi “Voleva sempre sti benedetti chiodi”. E allora mi viene da dire che un’altra di queste performance “classiche” di cui ho sentito parlare potrebbe essere quella del chiodo nel naso?
Giorno 8
Nel marasma del suo appartamento trovo anche spade e catene. Non è difficile immaginare che un illusionista come lui, capace di numeri pericolosissimi e bizzarri, si cimentasse anche nelle più classiche performance di escapologia. Indagare.
Giorno 9
Luana, un’altra “spettatrice di fiducia” mi dice che le performance più classiche erano per lui fondamentali. È grazie ad Harry Houdini che venne a conoscenza dell’escapologia e in generale dell’arte dell’illusionismo. Continuare a praticare anche le performance più classiche, con le quali ha cominciato a esibirsi, significa per lui rimanere attaccato alle sue radici e ricordarsi sempre da dove è partito. Luana quindi mi parla al plurale, “Le performance più classiche”, vediamo se capisco quali altre praticava. Questo ultimo dettaglio mi riempie di domande su Arturo. Cosa fa esattamente? È effettivamente un illusionista? Cioè, posso limitarmi a questa definizione? (ho il vago presentimento che la risposta sia no).
Giorno 10
Risponde anche Marina al mio annuncio di ricerca testimonianze. È la proprietaria del ristorante “Antico Dolo”, vicino a Rialto. Ci incontriamo per un caffè alla Caffetteria Goppion, vicino al Ravano. Fuma una sigaretta dopo l’altra e lo faccio anche io perché quello che mi racconta è surreale. “La purificazione dello sguardo” mi dice. “Purificazione?” chiedo. “Sì!” A quanto pare una delle performance di Arturo consisteva nel posizionarsi degli spilli sulle sopracciglia e non chiudere mai gli occhi, per ore intere. Ovviamente non è questa la cosa che mi ha colpito, ma l’aneddoto che Marina mi racconta in seguito. Mi dice che alcuni spettatori raccontano di essere stati fissati intensamente da lui durante questa performance, come se scegliesse un eletto da penetrare con lo sguardo per purificarne l’anima, esorcizzare le negatività, liberarlo dal male. Chiedo a Marina se fosse mai stata una delle prescelte, lei mi risponde “mica stavo qui a raccontar- telo”. Presumo di no.
Giorno 11
“Il procedimento prevede una corda e la creazione di nove nodi su di essa, per ogni nodo fatto si recita un incanto. La corda, dopo essere stata immersa in acqua, viene legata al petto del richiedente. Dopo tre giorni viene rimossa dal corpo e gettata nell’acqua corrente in modo che il male assorbito venga ripulito dall’acqua.” Trovo questo appunto su un foglio volante in mezzo agli scatoloni. Siccome si parla di immergere una corda in acqua e l’ultima persona della mia lista che mi manca da intervistare è il gondoliere di rio S. Antonin, vado. Stavolta è più facile del previsto, mi dice “ma certo” e mi racconta. Arturo svolgeva questa performance in cui annodava i suoi abiti a una grata, sotto lo sguardo degli spettatori. Chi passava di lì poteva parlargli, raccontarsi, urlare, piangere, lui era lì per assorbire tutto attraverso i nodi nel tessuto. Dopo qualche ora scioglieva i nodi e si dirigeva al rio, rio Antonin appunto, dove Giorgio Furlan approda con la sua gondola. Si sedeva con i piedi immersi e poggiava i tessuti in acqua, muovendoli delicatamente. Purificazione, ancora. Chiedo a Giorgio se sa qualcosa a riguardo. Mi dice che non ha mai capito fino in fondo, nessuno in realtà. Quel- lo che si dice è che una sera gelida d’inverno, Arturo venne trovato immobile in mezzo a piazza San Marco, lo sguardo fisso nel vuoto. Diceva parole come “dolore”, “espiazione”. Una donna molto coraggiosa (forse Marina, non ricorda bene), gli posa una mano sulla spalla, lui si risveglia e dice “Devo portare a termine il mio compito”. Una visione forse? Potrebbe essere.
Giorno 12
La sera spesso mi metto a leggere qualche pagina del suo diario, quelle un po’ più lunghe e fitte, che mi parlano di lui. Generalmente sono tanti pensieri sparsi, interessanti, profondi, ma che non trovo necessario annotare per le mie ricerche. Stanotte però mi sono dovuta alzare per appuntarmi tutto, perché la lunga pagina di oggi mi parla di una nuova performance, sinceramente non so nemmeno se definirla tale perché mi pare più un rito, un rito personale. È tutto descritto nei minimi dettagli, dice di intingere la lingua nell’inchiostro nero, per poi avvolgerla, attorcigliarla con un fil di ferro. Nero come tutto il male che deve assorbire per poterlo estrarre dagli animi dei suoi spettatori. Come tutte le negatività che entrano in lui per uscire dal corpo degli altri. Arturo ha quindi bisogno di auto-purificarsi, esorcizzare tutto il suo dolore unito a quello degli altri. Si scioglierà poi il filo dalla lingua e sciacquerà via il colore. Ancora una volta ritorna il discorso della purificazione. A questo punto sono convinta che non si tratti solo di illusionismo, c’è qualcosa di molto più profondo. È chiaro che aveva a cuore gli animi dei suoi spettatori e che riteneva la sua arte servisse a “salvare” chi lo osservava. E va bene, ma perché? Nel senso, da dove derivava questa vocazione? Da capire.
Giorno 13
Fondamentale in questa ricerca è la pietra rossa. Secondo la leggenda, è il luogo in cui Arturo veicolava tutte le emozioni negative assorbite ed estrapolate dagli spettatori. Tutto sommato, approfondendo il personaggio di Arturo, non mi risulta difficile credere che il suo desiderio di ripulire gli animi degli spettatori derivi effettivamente da una visione. Alcune persone mi hanno raccontato che attorno alla pietra svolgeva anche una performance con un coltello, ma era molto privata. Attorno a essa, più che a tutte le altre, c’è un alone di mistero che nessuno cerca di oltrepassare. Nessuno cerca di saperne di più. Allora mi chiedo chi sono io per volerne sapere di più a tutti i costi. E lascio stare, perché ho un presentimento.