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Fake

I'm Ready
My Lord

Art direction Fern Cecamore
Styling Michele Vassanelli
Photography Francesca Emilia Minà
Production Giuditta Cipolla
Beauty Irene Celeghin, Aster Toniolo Lozzi
Models Abde, Davide, Leah, Lorenzo, Rain, Rossella
Text Fern Cecamore

Chiunque abbia avuto il privilegio di visitare Venezia si è imbattutə in essi. Sono visibili a tuttə, eppure pochə li osservano. Sorvegliano silenziosamente le calli al ritmo del passo: sono i capitelli votivi. Anche chiamati capitèi, questi frammenti di religiosità popolare rimangono un punto di riferimento per gli abitanti di Venezia, che tuttora vi si recano per pregare e fare offerte. In quanto persona queer e trans che ha ricevuto un’educazione cattolica, so quanto crescere in un ambiente spirituale possa impattare sull’identità ed espressione di genere di persone transgender. In effetti, alcuni degli artisti queer più importanti di sempre sono cresciuti con un’educazione religiosa molto marcata. Perché i primi lavori di Mapplethorpe sono stati dei collages composti da stampe di madonnine, santini strappati e crocifissi? Perché la Marilyn di Warhol nella sua bidimensionalità, nei colori e nei tratti essenziali ricorda così tanto gli affreschi religiosi che l’artista osservava da bambino? Sono le persone queer con il loro rapporto odi et amo con la religione al centro del mio progetto: persone a cui di solito non è dato abbastanza spazio. Attraverso l’accostamento di dissidenza di genere e dissidenza religiosa, affronto la perdita di certezze, la decostruzione religiosa e traumi impossibili da sradicare. Ho invitato tuttə lə modellə, persone non cisgender (trans, non binary, genderqueer, genderfluid, agender...), a scegliere i propri look e make-up nella completa libertà di esprimersi, sperimentare e osare con la propria espressione di genere. Questo percorso passa attraverso un elemento fondamentale del culto: la materialità. Reliquie e amuleti religiosi sono ricordi accartocciati e arrugginiti della mia collezione personale, i quali prendono vita grazie alle storie di queste persone. A me, persona trans circondatə da un mondo in cui non mi sento rappresentatə, non resta che guardare il santino, inginocchiarmi, implorarlo di darmi delle certezze in questa confusione che ho dentro, perché nessunə riesce a spiegarmi chi sono, mi sento un mostro incompreso.

LEAH (any pronouns)

Sono Leah e sono una persona gender queer, ho 24 anni e vengo da Philadelphia. La mia famiglia è cattolica ma non frequentavo spesso la chiesa da piccola. In seconda superiore mi sono iscritta volontariamente a un gruppo giovanile cristiano perché volevo sentirmi parte di una comunità, e sono stata benissimo nei primi tempi. Il cambiamento è avvenuto all’università, quando ho iniziato a vedere questo gruppo con occhi diversi: era formato da persone ricche, bianche, eterosessuali e cisgender. Persone privilegiate che ignorano le comunità più vulnerabili. A ripensarci ora, quando frequentavo quegli ambienti mi sentivo un po’ fake, come se stessi facendo una performance per nascondere chi ero veramente.

ROSSELLA (any pronouns)

Sono Rossella, ho 17 anni e vengo da Bassano del Grappa. La mia identità di genere è difficile da definire, penso che il termine più comprensibile sia non binary, ma non mi convince particolarmente perché penso vada a rinforzare il concetto di binarismo. Il fatto che abbiano dato un genere anche all’assenza di genere lo trovo un po’ un controsenso, per non parlare del fatto che spesso viene chiamato “il terzo genere”, cosa completamente errata. Il mio rapporto con la religione è stato breve e mi è bastato. Non mi sono mai sentito accettato dalla Chiesa, per cui non ho neanche mai pensato di fare coming out in quell’ambiente. Mi sono allontanata molto presto da quel mondo.

 

LORENZO (he/she)

Sono Lorenzo, ho 19 anni e vengo da Ravenna. Non penso di essere credente, eppure mi ritengo una persona molto spirituale. Il mio background è una famiglia cattolico-protestante. Da bambino cantavo gospel in chiesa; dal gospel ho cercato di prendere le atmosfere spirituali e rielaborarle nella ricerca di me stessa. Oggi canto R&B, e vedo un legame forte tra l’estetica cristiana e lo stile della mia musica. Credo molto nello scambio dei flussi di energia tra gli esseri umani.

È una visione del mondo che mi permette di tenere vibrazioni alte e positive, da cui voglio essere circondato e che voglio trasmettere a chi mi è vicino.

 

DAVIDE (he/him)

Sono Davide, ho 21 anni e sono nato a Brindisi. Per me parlare di genere oggi non ha più senso: esso è solo il risultato di un processo culturale e storico. Il genere dovrebbe derivare da sé, non arrivare dall’esterno. Ho un rapporto sereno con la spiritualità, che vedo come una ricerca del sé. Dalla religione invece mi sento distaccato, sin da quando ero bambino non ho mai sentito un vero coinvolgimento nella messa. Mi definisco anticlericale e agnostico. Essere anticlericale è una posizione sociale e politica, è la mia visione della cultura oggi. Agnostico perché riconosco i miei limiti in quanto persona,

e so di non poter avere risposte a certe domande.

ABDE / PRISCILLA (he/they)

Sono Abde, ma puoi chiamarmi anche Priscilla. Sono una persona non binary, ho 22 anni e sono nato in Algeria. I miei genitori sono musulmani di origine algerina, quindi fin da piccolo sono stato cresciuto con una forte impronta religiosa. Corano, Dio, uomo e donna. Mi sono sentito molto oppresso, molto giudicato dalla religione. Noi persone queer dobbiamo parlare con chi non la pensa come noi. Mentre scattavamo, i passanti mi fissavano e commentavano. Io però sono qui e non mi sposto, e non voglio che sia tu, passante, a scrivere la mia narrativa dall’esterno. Voglio che tu venga da me, voglio parlarti e spiegarti, perché se passi, commenti e te ne vai hai solo il tuo punto di vista. Invece, stiamo condividendo lo stesso spazio e io non mi sposterò.

 

RAIN (she/they/he)

Sono Rain e sono una persona non binary trans femme, ho 19 anni e vengo dal Massachusetts. Quando mi sono trasferita in Italia ho trovato un clima religioso molto opprimente. Ho riflettuto su come a messa si parli sempre d’amore, di rispetto e fratellanza, ma come questi concetti non vengano applicati a persone come me, che mi faccio il segno della croce con lo smalto. La prima cosa a cui penso sentendo la parola “fake” è la mia identità di genere. Mi sento molto distante dalla mascolinità, però d’altra parte non mi sento socialmente integrato con gli ambienti femminili, perché tra donne cis c’è molta transfobia. Se mi chiedete qual è la mia identità di genere vi rispondo che non lo so neanche io.

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